mercoledì 14 giugno 2017

Recensione "La locanda dell'ultima solitudine" di Alessandro Barbaglia

Ciao a tutti! Oggi torno a vestire la parte di #bancarellablogger che tanto mi piace e vi parlo di un altro libro della sestina finalista. Se non sapete cosa sto dicendo vi ricordo che qui c'è il post di spiegazione dell'evento e qui quello di presentazione della sestina.

Autore: Alessandro Barbaglia
Titolo: La locanda dell'Ultima Solitudine
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 17 gennaio 2017
Pagine: 163

Trama:
Libero e Viola si stanno cercando. Ancora non si conoscono, ma questo è solo un dettaglio...
Nel 2007 Libero ha prenotato un tavolo alla Locanda dell'Ultima Solitudine, per dieci anni dopo. Ed è certo che, lì e solo lì, in quella locanda tutta di legno arroccata sul mare, la sua vita cambierà. L'importante è saper aspettare, ed essere certi che "se qualcosa nella vita non arriva è perché non l'hai aspettato abbastanza, non perché sia sbagliato aspettarlo".
Anche Viola aspetta: la forza di andarsene. Bisogno, il minuscolo paese in cui abita da sola con la madre dopo che il padre è misteriosamente scomparso, le sta stretto, e il desiderio di nuovi orizzonti si fa prepotente. Intanto però il lavoro non le manca, la collina di Bisogno è costellata di fiori scordati e le donne della famiglia di Viola, che portano tutte un nome floreale, si tramandano da generazioni il compito di accordarli, perché un fiore scordato è triste come un ricordo appassito.
Libero vive invece in una grande città, in una casa con le pareti dipinte di blu, quasi del tutto vuota. Tranne che per un baule: imponente, bianco. Un baule che sembra un forziere, e che in effetti custodisce un tesoro, la mappa che consente di seguire i propri sogni.
Quei sogni che, secondo l'insegnamento della nonna di Viola, vanno seminati d'inverno. Perché se resistono al gelo e al vento, in primavera sbocciano splendidi e forti. Ed è allora che bisogna accordarli, perché i sogni bisogna sempre curarli, senza abbandonarli mai.
Libero e Viola cercano ognuno il proprio posto nel mondo, e nel farlo si sfiorano, come due isole lontane che per l'istante di un'onda si trovano dentro lo stesso azzurro. E che sia il mare o il cielo non importa. La Locanda dell'Ultima Solitudine sorge proprio dove il cielo bacia il mare e lo scoglio gioca a dividerli. La Locanda dell'Ultima Solitudine sta dove il destino scrive le sue storie. Chi non ha fretta di arrivarci, una volta lì può leggerle. Come fossero vita. Come fossero morte. Come fossero amore.
Con una scrittura lieve e pervasa di poesia, tra giochi linguistici, pennellate surreali e grande tenerezza, Alessandro Barbaglia ci racconta una splendida storia d'amore.


È fatta di poche stanze e una sola certezza: se sai arrivarci, facendo tutto quel sentiero buio che ci vuol poco a perdersi, quello è il posto più bello del mondo.
Faccio una premessa: questo è un buon libro, scritto molto bene, ma non è assolutamente il mio genere, non fa proprio per me. Me ne sono accorta subito ma ho voluto leggerlo lo stesso perché ci tengo a recensire tutta la sestina finalista, ma il mio giudizio è del tutto personale, per come sono io.
Per esempio odio le attese, mi danno un senso di frustrazione come poche altre cose nella vita. Preferisco affrontare le conseguenze, prendere di petto la situazione. Libero invece, il protagonista del libro, adora di più il cammino per raggiungere lo scopo, infatti prenota il tavolo della Locanda dell'Ultima Solitudine con dieci anni di anticipo e senza sapere con chi andrà. Perché il bello sta lì, nelle varie possibilità della vita.
Perché Libero delle attese ama ogni cosa, anche solo il dire, ogni volta che gioca a lasciarla indietro: “Eccoti: ti aspettavo”.
E' quindi un racconto che ha del surreale. L'altra protagonista, Viola, accorda i fiori. Sua madre insegna alla gente a urlare. Il cane, Vieniquì, sparisce e ricompare come per magia e mai a caso, sempre per un motivo preciso.
Ci ho messo un po' per ingranare con questo libro, il mio carattere molto razionale ha lottato con la scrittura poetica dell'autore. A metà libro però, mentre spiega l'origine della Locanda, qualcosa è scattato, sono riuscita a entrare in sintonia con la storia, ce l'ho fatta finalmente a prenderlo per il verso giusto. E l'ho finito in lampo.
Ci sono tre motivi per cui vale la pena andare alla Locanda dell’Ultima solitudine.
Il primo è perché si mangia bene.
Il secondo è perché ci si può andare solo in due.
Il terzo è perché laggiù ci impari a vivere. E quindi, anche, a morire.
Mi ha stupito, il finale l'ho trovato dolceamaro, mi aspettavo qualcosa di diverso. Nell'insieme mi è piaciuto e lo consiglio a chi ama fare voli pindarici e a chi apprezza questo tipo di scrittura, quasi onirica.
Voto:





10 commenti:

  1. Questo lo leggerò anch'io, me curiosa!!

    RispondiElimina
  2. Io non amo molto i voli pindarici, mi piace stare con i piedi per terra ma allo stesso tempo questo libro mi incuriosisce, sento che mi chiama... mi sa che prima o poi rispondo! :-p

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Devi rispondere Nadia, quando è così bisogna per forza

      Elimina
  3. Mha a questo libro non è piaciuto granchè. Pensavo fosse nelle mie corde ma ho davvero faticato a finirlo come dici tu Chiara, davvero surreale

    RispondiElimina
  4. Ciao Chiara! Neppure io sono un'amante delle attese.. Anzi tutto il contrario!
    So che il libro è piuttosto surreale ma ho letto tante buone recensioni quindi ho deciso di leggerlo e dovrei riuscirci nei prossimi giorni.
    Ti farò sapere se su di me ha avuto il tuo stesso effetto! ;)

    RispondiElimina
  5. Ciao Chiara! Come sai, io l'ho già letto e stranamente mi è piaciuto, perché anche io, come te, preferisco letture più razionali. Ma in questo caso, forse per la forte componente ironica (mi ha fatto sorridere tanto), è stata una bella e sorprendente lettura :)

    RispondiElimina